Strumentalizzazione della Rete: M5S e la politica a colpi di Like

La società italiana, a partire dagli anni ’80 del XX secolo, ha imparato, grazie anche all’introduzione negli anni ‘90 del World Wide Web (WWW), a vivere in una società multimediale in cui il computer e l’utilizzo di Internet sono divenuti ormai strumenti indispensabili sia in ambito domestico che in ambito lavorativo. Grazie ai media digitali un numero, in costante crescita, di persone ha acquisito la possibilità di partecipare direttamente alla produzione del sapere e della conoscenza, andando in tal modo ad aumentare il grado di pluralismo e di partecipazione. Nonostante ciò i media digitali costituiscono però un terreno di scontro tra le diverse visioni del mondo, nello specifico essi, da un lato, vengono dipinti come portatori di democrazia, giustizia, uguaglianza e come strumenti idonei ad allargare la platea di individui che possono partecipare liberamente ed in forma attiva alla vita pubblica e produttiva, ma dall’altro lato essi sono visti come una minaccia all’ordine sociale in quanto sono considerati come potenziali distruttori degli equilibri su cui si fondano le società complesse.

 

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A tal proposito il politologo Morozov afferma che “molte delle piattaforme online usate per l’impegno politico funzionano più o meno come scatole nere che nessuno può aprire e scrutare. La gente ha l’illusione di partecipare al processo politico senza avere mai la piena certezza che le proprie azioni contino”. Infatti, se da un lato i media digitali si dedicano a perseguire una meta comune e ad aiutare la creazione di opinioni etiche e politiche, dall’altro lato tendono a togliere l’elemento di dibattito e di interazione con persone diverse; ne consegue che  il confronto e la diversità vengono meno e con essi viene meno anche la vitalità della politica in quanto la politica online tende a produrre la polarizzazione della società.

Esempio concreto di quanto appena enunciato si rinviene nell’ambito della metodologia utilizzata dal M5S per decretare l’espulsione dal proprio movimento del senatore Marino Mastrangeli reo di aver violato ripetutamente una norma del loro codice di comportamento che prevedeva il divieto assoluto di partecipare ai talk show televisivi. Elemento caratterizzante tale espulsione discende dal fatto che alla stessa si è giunti attraverso una votazione online la cui partecipazione era circoscritta ai solo iscritti del Movimento. A votazione conclusa, al fine di dare attuazione all’espulsione del senatore Mastrangeli,  sul blog del fondatore del M5S, Beppe Grillo, comparve la seguente comunicazione “Le operazioni di voto si sono concluse. Gli aventi diritto erano 48.292, di questi hanno votato in 19.341. L’88,8% (pari a 17.177 voti) ha votato per l’espulsione, il restante 11,2% (pari a 2.164 voti) ha votato per il no”.

A mio modesto parere, in relazione alla “forma di democrazia diretta” attuata da Grillo, si rinvengono alcuni elementi di ambiguità.

In primis, ritengo che non sia appropriato affermare che il “popolo della Rete”  abbia decretato l’espulsione del senatore, in quanto i partecipanti al voto (19mila persone) non risultano essere rappresentativi  della totalità degli utenti del web italiano (esempio analogo alle votazioni per le Quirinarie). Ne discende che il principale paradosso della democrazia partecipativa risiede proprio in questo, cioè nell’ambire all’inclusione di tutti,  ma – di fatto – nell’incapacità concretamente di riuscire a coinvolgere questo tutto e di limitarsi, conseguentemente, al coinvolgimento solo di una piccola (spesso piccolissima) frazione della popolazione interessata (come afferma Bobbio).

In secundis, ritengo che il comportamento di alcuni rappresentanti/esponenti del Movimento, sia stato alquanto discutibile, poiché per decidere sulla “sorte” del senatore Mastrangeli  si sono pienamente affidati alle decisioni dei loro seguaci su Facebook: ad esempio Laura Bottici ha utilizzato la seguente metodologia: un like per l’espulsione e un commento per salvarlo, commettendo un gravissimo errore in quanto, come ben noto, su facebook è impossibile controllare gli accessi e quindi, indistintamente, tutti possono votare, simpatizzanti del Movimento oppure Troll (come dimostra l’immagine). Per cui va bene la democrazia diretta, il gettonato “uno vale uno”, ma bisogna imparare a ragionare sia sul “chi” siano effettivamente questi “uno” e sia sull’effettività dell’ “uno”. Ne discende che la forma di democrazia diretta praticata da Grillo lascia poco spazio al dialogo, al confronto, alla discussione.

A margine di quanto appena enunciato e con riferimento al dialogo, vi lascio con questa citazione che potrebbe fungere da spunto per futuri confronti: “O siamo capaci di sconfiggere le opinioni contrarie con la discussione, o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le opinioni con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell’intelligenza”  Ernesto Che Guevara.

Sonia Rasente